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Saverio Siciliano oriente estremo

Arriviamo ad Hong Kong dopo aver fatto scalo a Tokyo con volo JAL da L.A. Parecchie persone in volo indossavano la mascherina a testimonianza del fatto che la paura del SARS (polmonite atipica) e’ ancora alta. Per lo stesso motivo all’uscita della dogana la polizia aeroportuale misura instantaneamente la temperatura di tutti i passeggeri che entrano nel paese visualizzando instantaneamente l’emissione di calore dei corpi su di uno schermo. Mi volto all’uscita e vedo che nello schermo la folla appare come sagome di colori diversi a seconda della temperatura corporea, un po’ come immagini infrarosso. Veramente un bell’aeroporto Hong Kong, votato migliore al mondo. Noto che ci sono anche poltrone che inserendo un gettone vibrano e massaggiano chi stanco tra un transito e l’altro vuole rilassarsi.

Hong Kong e’ una citta’ che assomiglia a New York per l’architettuta moderna ed a Napoli per i colori dei mercati; frenetica, bellissima e decadente, letteralmente tappezzata di marmo, travertino e granito a scopo ornamentale. Arriviamo a casa dei genitori di Grace in metropolitana, molto pulita ed efficiente, con scintillanti stazioni hi-tech. L’appartamento e’ in un grattacielo di Kowloon di fronte all’isola di Hong Kong a pochi passi dal canale da cui la vista di downtown alla sera e’ davvero spettacolare. L’indomani dopo aver visitato il centro di della citta’ decidiamo di ripartire subito per visitare il resto della famiglia che vive a Canton, la piu’ vicina citta’ nella mainland. Durante il viaggio in pullmann di varie ore mi appare la vera Cina popolare, diversa dai fasti coloniali di HK. Un enorme cantiere in costruzione continua con le tipiche impalcature di bamboo invece delle putrelle, dove tutte le grandi multinazionali stanno investendo perche’ sembra che il futuro dell’economia sia qui. La qualita’ dell’aria e’ per questo molto marginale e rende faticoso camminare. Qui tutto cambia a distanza di mesi: interi quartieri sono demoliti per dare spazio a nuove costruzioni tanto che Grace stenta a riconoscere i posti dove e’ cresciuta. Esperti stanno cercando soluzioni al problema ambientale nelle grandi citta’ che stanno esplodendo come Shangaii che ha raggiunto oggi 20 milioni di abitanti.


Dopo cena andiamo in un “centro-benessere” vicino casa dove dei massaggiatori ciechi (i migliori mi dice Grace), un ragazzo ed una ragazza sulla ventina in tuta con occhiali scuri, si prendono cura dei nostri corpi, da capo a piedi per un ora e mezza, per l’equivalente di dieci dolllari –ad L.A. sarebbe costato una fortuna. Il ragazzo cieco e’ molto affabile e sia io che Grace nel lettino accanto ci addormentiamo, stanchi per aver viaggiato due giorni. Mi sveglio quando il masseous mi dice gentilmente di sedermi sul lettino e prendendomi la testa tra le mani mi fa scrocchiare le ossa del collo con due rapidi movimenti a destra e sinistra. Poi facendomi sedere di fianco fa lo stesso con la spina dorsale facendomi ruotare appena la spalla, senza farmi provare alcun dolore.
Le usanze cinesi sono molto simili alle italiane: grandi famiglie che si riuniscono a pranzo per mangiare assieme il Dim Sum, ravioli al vapore ripieni di prelibatezze varie, tipicamente almeno dieci portate, ma trattandosi di assaggi, delicate e leggere. Anche ad HK la cucina e’ superba -specialmente pesce e frutti di mare- ed il mix con l’occidente ne arricchisce il sapore.


Oltre all’isola principale una miriade di altre piccole isole fanno parte della “regione speciale”, facendone un arcipelago tropicale che fortunatamente e’ anche parco naturale dove vige il divieto di costruire. A pochi minuti dal caos cittadino esistono spiagge tropicali e bellissime baie (recintate da reti anti-squalo) dove ci si puo’ rilassare e nuotare nel mare caldo tutto l’anno. In una di queste baie, “Shek-O” raggiungibile in bus in ¾ d’ora dal centro attraverso una litoranea scenica, ho noleggiato da un locale una tavola fatta a Biarritz, lasciata da qualche turista forse suo malgrado. Avevo letto sulla web che si praticava surf durante la hurricane season e quando siamo capitati noi c’erano onde di 2-3 piedi. Niente di che ma la baia ed il paesino erano carini e totalmente in antitesi col caos urbano di Hong Kong.


Visitiamo il monastero buddista di Po Lin nell’isola di Lantau, la seconda in grandezza dopo l’isola di HK, dove sorge un enorme Buddha bronzeo. Qui la gente brucia incenso all’aperto inchinandosi varie volte di fronte alla statua come forma di rispetto ed interpella la sorte nel tempio estraendo delle bacchette di legno a cui corrisponde una storiella, allo stile dei Ching, in cui una oscura verita’ aperta a molteplici interpretazioni e’ offerta al credente che “si sceglie” la propria sorte. Varii altri templi e pagode sono raggiungibili nella foresta tramite sentieri ed arrampicate nella foresta. Mi ha incuriosito il fatto che nei templi buddisti e’ onnipresente una svastica che pero’ si avvita nel senso opposto a quello usata dai nazi (senso orario). Non a caso nella semantica la prima e’ un simbolo vitale rappresentando l’alba o la nascita, mentre la seconda il tramonto o la morte.


L’influenza british e’ evidente nella vita notturna decadente dei nightclubs, nei bus a due piani e nell’iconografia di Beckam. Ma a quanto pare ora tutto si sta spostando nella mainland, soprattutto Shangaii e Beijing, il momento di Hong Kong mi sembra di capire e’passato.


Nel viaggio di ritorno ci fermiamo a Tokyo per tre giorni: fin da bambino desideravo visitare la patria dei cartoni animati che la mia generazione ha tanto amato. Appena sbarcati all’ aeroporto Narita che e’ distante un’ ora dal centro di Tokyo devo ammettere che per la prima volta ho provato un certo cultural shock: la pianta della metropolitana e’ un labirinto di una decina di livelli con nomi di stazioni in Giapponese che siccome e’ semplificato dal mandarino neppure Grace riesce a leggere. Inoltre e’ tardi e dobbiamo fare il biglietto da noi colle machine apposite e naturalmente sebbene il Lonely Planet spiega come fare a noi sembra impossibile. Anche I passanti non parlano inglese ma alla fine da bravo italiano mi arrangio, butto dentro un pezzo da mille yen ($10) e premo il bottone corrispondente alla stazione piu’ grossa in rosso al centro della mappa e la macchinetta sputa biglietto e resto. In realta’ il sistema della metropolitana di Tokyo e’ molto efficiente ed una volta capito anche facile da usare. E’ anche l’unico sistema di trasporto dato l’esorbitante costo dei taxi, che abbiamo preso solo una volta per stanchezza e mai piu’ ripetuto. Un’ altra stranezza nipponica e’ che non esistono indirizzi (quindi per spiegare al tassista dove andare puo’ essere un impresa); per quanto sia un paese hi-tech vige un sistema descrittivo per indicare un domicilio, un po’ come in Venezuela dove similimente non esistono numeri civici.
Tokyo e’ veramente un posto diverso da tutto il mondo che ho visto finora, parte di un paese che mi pare restio a cambiare le sue tradizioni ed omologarsi al mondo occidentale (per quanto invece del faccione di Beckham qui c'era quello di Tom Cruise ad ogni angolo, complice dell'ultimo re-make holliwoodiano che sicuramente fara' rivoltare Kurosawa nella tomba).


Una citta’ molto pulita ed ordinata dove la gente non parla inglese ma rispondendo educatamente in Giappponese fa di tutto per aiutarti. Ogni cosa e’ proggettata in modo ingegnoso e funzionale, come ad esempio il famoso “cesso tecnologico” nella nostra camera d’albergo che premendo un bottone ti fa il bide’ per mezzo di un getto che parte da un braccio meccanico che esce a sorpresa da li’sotto, ma niente paura, e’ tutto molto pulito. Dalla nostra camera godevamo della vista della Tokyo tower, copia della torre Eiffel che di notte si accende con colori spettacolari. A due passi c’era anche il nuovo Prada store, questo gigantesco cubo magico multicolore di cui si parla tanto nelle riviste d’architettura. Ovviamente abbiamo visitato il Sony Building con vari piani pieni delle ultime playstation a cui si puo’ giocare gratis e dei nuovi robot a forma di cane che rispondono ai gesti delle tue mani scodinzolando e facendo feste, mi pare d’aver letto che fanno pure della cacca elettronica ma non ne sono sicuro.


Siccome e’ una citta’ veramente cara ci siamo limitati ad esplorare tutti i posti che il lonely planet consigliava a piedi o in metro. Al contrario della Cina la qualita’ dell’aria e’ decente e si puo’ camminare senza il rischio di soffocare come ad Hong Kong nell’ora di punta. Abbiamo mangiato yakitori ed udon (trattorie) nei posti non turistici dove andava la working class a fine giornata evitando i carissimi posti turistici sushi (che ad LA si trovano a buon mercato). Abbiamo mangiato del sashimi eccezionale (polpa di riccio d’orata, uova di pesce arancioni grosse come grappoli d’uva e fettine di tonno, tutto ovviamente crudo) in ristorantini dentro l’enorme mercato del pesce di Tsujiki gomito a gomito con locali in lunch-break. Il piu’ grande nel mondo, ci abbiamo visto di tutto: piovre, granchi e tonni grossi come fiat uno e pescivendoli-samurai che li affettavano con spade katana: Nippon Banzaii!

un racconto di viaggio, tra china e giappone, attraverso lo sguardo ironico e curioso di un carissimo amico. attualmente Saverio vive e lavora negli States e presto vincerà il campionato del mondo di surf.

 

Saverio Siciliano >> La trilogia del surf

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