INTRODUZIONE

Notavo in un'altra occasione ( I “gradini” di Julien Green) come il simbolo intervenga nell’opera di uno scrittore anche senza la sua volontà; anche, soprattutto, se questi non si rende conto del senso o delle valenze del simbolo presente nella sua creazione artistica. Non si tratta, beninteso, di un “simbolismo” personale, scoperto o interpretato da un certo scrittore (le creazioni di questo genere sono di solito ibride e inerti), bensì del simbolismo ecumenico, universale, facilmente riconoscibile in parecchie culture e fecondo a più livelli (mito, arte architettonica, rituale, iconografia ecc.). Intuito da un creatore, un certo simbolo interviene in un opera d’arte e l’organizza con una sua propria coerenza, con una “logica” nascosta, senza che il poeta realizzi sempre il senso, le proporzioni o le valenze di questo simbolo. Ogni grande creatore riscopre certi simboli, senza saper niente di essi.(…) Nessun dubbio che questi simboli centrali siano “rivelati”; essi provengono da una zona extrarazionale, che possiamo o meno chiamare “inconscio” (visto che s’intendono moltissime cose con questa parola). Fatto sta che approfondendo e facendo luce sul simbolo centrale di un opera d’arte, ne facilitiamo la “comprensione” e il godimento, realizzando le condizioni migliori per una contemplazione estetica ideale. (La contemplazione estetica, del resto, non ha mai escluso, nei periodi d’oro della filosofia, lo studio della metafisica implicita nell’opera d’arte. Non esiste infatti opera d’arte che non sia solidale con un “principio”, quale che sia).[0]

 

Ogni opera d’arte e creazione dell’uomo, è come un crogiolo, uno scrigno all’interno del quale si depositano e distillano, esperienze, simboli, ricordi e sensazioni. Il Simbolismo ecumenico, l’archetipo che da questo è composto, esprimono entrambi il complesso di questi fenomeni che convergono –talvolta anche in modo inconsapevole- all’interno dell’opera e che ne influenzano il carattere e l’ordine complessivo. Il luogo dal quale provengono e scaturiscono questi elementi, è un territorio dell’anima, una zona extrasensoriale condivisa a livello collettivo che siamo soliti chiamare Inconscio. Questo è immanente. Risiede nel mito come nelle opere dell’uomo più moderne.

Ogni grande creatore ha la capacità di far affiorare determinati simboli, di svelarli a se stesso ed al mondo (che è poi la medesima cosa), di renderli determinanti per comprendere ed interpretare il prodotto della sua creazione. Portare alla luce questi simboli, risulta di cruciale importanza; svelarli, equivale a soppesarne il peso nel complesso dell’opera, a renderla cosa tra le cose, parte di un tutto che la contiene.
E’ a partire da questi presupposti teorici che muove il presente studio. Il rapporto tra architettura e natura si è infatti ritenuto indagabile solo per mezzo di questa impostazione complessiva della ricerca.

I cinque casi studio proposti, presentano diverse analogie ed elementi condivisi, primo fra tutti il dato geografico. Dislocati lungo un itinerario svizzero che dal Canton Ticino arriva al Canton Grigione, questi sono perlopiù piccole architetture inserite in contesti naturali fortemente connotati.

Gli autori sono inoltre riconosciuti a livello internazionale, e si contraddistinguono per approcci differenti ma per sensibilità plastiche e poetiche affini. Come in una seduta di analisi, all’edificio si chiede di parlare, di raccontare e svelare -come una persona-, i suoi ricordi e le sue esperienze. Sono le voci dei progettisti, i materiali anatomici che costituiscono il corpo documentale dell’edificio (schizzi, piante, sezioni, prospetti, ecc.), gli stimoli percettivi dell’autore dell’analisi, a svelare alfine il contenuto archetipico che si ricerca.

Si tratta di un setaccio, di una rete di pescatore, sulla quale si depositano le tracce del simbolo connesso al mondo naturale.
Svelare quindi gli archetipi della natura contenuti in modo volontario o involontario all’interno dell’opera architettonica, ci permetterà di interpretarla nel suo complesso, di leggerla in modo esaustivo e consapevole.

Il godimento estetico di cui parla Eliade, per realizzarsi  non può prescindere dalla conoscenza del portato simbolico connesso al manufatto.
Concludendo, aldilà delle perplessità suscitate da questo modo di riguardare alla disciplina architettonica, -perplessità comprensibili e giustificate- si ritiene che questo studio ne possa offrire una diversa interpretazione, in grado -ci si augura- di facilitarne la comprensione e la lettura, per mezzo di un sistema che si avvale di tecniche di analisi transdisciplinari.

 


[
0]Mircea Eliade, L’isola di Euthanasius, in Mircea Eliade L’isola di Euthanasius, ed.Bollati Boringhieri, Torino 2000, p. 22
 

IL CONTENUTO INCONSCIO DELL’EDIFICIO

 

Leggere ed interpretare il manufatto architettonico puo’ considerarsi un esercizio di ricerca ed indagine in grado di poter riportare alla luce un complesso apparato d’informazioni ed indizi inizialmente disgiunti e scollegati. A mano a mano che si procede nella ricerca, ad un numero rilevante di notizie, di numeri e dati dal predominante carattere empirico e scientifico si affiancano inevitabilmente informazioni, fascinazioni e sollecitazioni di natura più incerta e misteriosa. Si tratta quindi di un complesso processo d’analisi che ha per oggetto di studio l’edificio, considerato come testimonianza ed emanazione concreta di un costrutto di valori e pensieri solo in parte volontari, quindi pervaso da un forte carattere simbolico, in cui coesistono paradigmi di diversa natura e provenienza

 

E’ fondamentale che un progetto rimanga ben radicato nello spazio emotivo, che è vasto e complesso. Non si tratta solo di pensare! C’è un anima dentro di noi [1]

 

In questo senso si ritiene di poter ravvedere e distinguere una duplice natura del manufatto -analogamente per quanto avviene nell’uomo- al contempo conscia ed inconscia, in cui si trasfondono elementi prestabiliti e casuali, ben rappresentati dalla simbologia caratteristica del sogno e della veglia. Valerio Olgiati in una sua recente conversazione con Tibor Joanelly sottolinea l’equilibrio in sede progettuale che viene a stabilirsi tra queste categorie di opposti

 

I consciously do not want to judge inhibiting circumstances. In the end it does not matter whether building regulations generate the form or whether a personal will is the creator. Such a personal will relies on non – qualifiable characteristics anyway, such as taste, intuition, instinct or genius. When I must create out of myself, I am subject to myself, my moods and my tempers, and these are also limited. According to my mood, I can even be happy to work whit a tightly set exterior framework. Under these conditions it is important to me to define a thought in the sense of an axiom which includes all of the influential circumstances and leads to an integral solution [2]

 

Il carattere temporaneo, mutevole ed umorale del momento della creazione è ulteriormente indagato in seguito

 

How could I design something I belive in if I get up in the morning and think something different today from what I thought yesterday? Every person is subject to moods which always have something arbitrary about them [3]

 

agire in questa condizione di indeterminatezza può portare a risultati insperati, in cui gli elementi inconsci determinano soluzioni formali dal forte carattere metafisico

 It only gets exciting when a building represents things which are not comprehensible. Something like a metaphysical event occurs. If a thought or an action cannot be completely deciphered or even comprehended, then a building remains magical for the occupant or the viewer [4]

 

Analogamente a quanto avviene per il linguaggio, ad esempio, che ha le sue regole e queste sono di comune accordo accettate a livello collettivo, anche in ambito architettonico esistono leggi e convenzioni condivise in grado di garantire il buon esito della costruzione: la struttura, il materiale, la tecnica costruttiva, la forma sono tutti vincoli inderogabili ai quali ogni progettista deve attenersi affinché la sua realizzazione possa sostenersi e concretarsi. Ma è innegabile che al contempo la riflessione che anima e caratterizza il carattere complessivo di una determinata opera architettonica possa fondarsi su equilibri ben più instabili, in grado di mettere in discussione le convenzioni comuni in precedenza descritte.

Il presente studio sceglie di ricercare gli aspetti inconsci della costruzione, basandosi sulla convinzione che siano questi a determinare la corrispondenza tra edificio e uomo, e quindi tra manufatto e mondo naturale.

Sono queste considerazioni a suggerire una possibilità di lettura ed interpretazione del manufatto per mezzo di categorie concettuali derivate dalla ricerca in ambito psicanalitico, quali appunto gli Archetipi, la cui teorizzazione è correlata direttamente al concetto di inconscio collettivo, in quanto questi ne sostanziano il contenuto. Nel testo della conferenza “Gli archetipi dell’inconscio collettivo” tenuta da Carl Gustav Jung nel 1934, e in seguito sottoposto a revisione e ripubblicato nella sua stesura definitiva nel 1954, lo psicanalista zurighese approfondisce e perfeziona il concetto di inconscio in precedenza postulato da Sigmund Freud

 

Dapprima il concetto di inconscio si limitò a designare la situazione di contenuti rimossi o dimenticati. Per Freud l’inconscio, benché almeno metaforicamente compaia già come soggetto attivo, in sostanza non è altro che il punto in cui convergono quei contenuti rimossi o dimenticati e deve ad essi soli il suo significato pratico.Conseguentemente, secondo questo modo di vedere, esso è prevalentemente di natura personale [5]

 

Sebbene Jung convenga sul fatto che una parte dell’inconscio abbia uno strato superficiale di carattere personale –inconscio personale– rifiuta l’impostazione freudiana e postula l’esistenza di un energia psichica in senso lato, dominata da immagini primordiali [6], capaci cioè di generarsi autonomamente, percepibili dalla coscienza, ma originate da una matrice inconscia condivisa da tutti i popoli

 

Questo strato più profondo è il cosiddetto “inconscio collettivo”. Ho scelto l’espressione ”collettivo ”perché questo inconscio non è di natura individuale, ma “collettiva” e cioè, al contrario della psiche personale, ha contenuti è comportamenti che (cum grano salis) sono gli stessi dappertutto e per tutti gli individui. In altre parole, è identico per tutti gli uomini e costituisce un substrato psichico comune di natura soprapersonale presente in ciascuno [7]

 

Il contenuto di questo substrato psichico condiviso è costituito dalle immagini primordiali o archetipi, queste sono nuclei di energia psichica in grado di manifestarsi attraverso il simbolo e la rappresentazione simbolica, a prescindere dalla volontà della persona

 

“Archetipo” è una parafrasi esplicativa dell’éidos platonico. Ai nostri fini tale qualificazione è pertinente e utile poiché significa che, per quanto riguarda i contenuti dell’inconscio collettivo, ci troviamo davanti a tipi arcaici o ancora meglio primigenei, cioè immagini comuni presenti fin dai tempi remoti[8]

 

 Indagare e riconoscere, tentando di fare affiorare dall’acqua vivente dell’inconscio, queste immagini è una questione cruciale. Permette di svelare il contenuto dell’anima evidenziando –per quanto possibile– il portato simbolico della psiche. Il costrutto del presente studio muove da queste considerazioni traslandone il significato in ambito prettamente compositivo: l’architettura costruita in quanto sostanza di una ricerca articolata attraverso le diverse fasi del percorso progettuale –in cui si ritiene possano affiorare inizialmente anche e soprattutto in forma casuale e indeterminata, le immagini primordiali– può essere riguardata anche come atto di introspezione e riappropriazione del ricordo e degli elementi psichici rimossi. La consapevolezza di questa condivisione collettiva del profondo è sottolineata da Peter Zumthor in riferimento al rapporto d’interazione che esiste tra i diversi materiali impiegati nella costruzione ed alla sensazione che la loro associazione induce in chi gli osserva

 

Ecco perché penso che le sensazioni siano sì individuali, interiori, ma allo stesso tempo anche molto, molto comuni. Più a fondo ci immergiamo nella nostra individualità e più le sensazioni diventano comuni, profondamente e tipicamente umane. Cio’ che è situato nel profondo è condiviso da tutti, questo è risaputo [9]

 

Ad esempio, possiamo considerare il momento dell’ideazione del progetto di architettura, della ricerca dell’idea, ed il tramite attraverso cui questo si realizza vale a dire lo schizzo, il disegno iniziale, come uno dei luoghi in cui si ricostituiscono i frammenti perduti e si individuano le corrispondenze tra intimo e condiviso a cui faceva in precedenza cenno Zumthor. Moshen Mostafavi in un suo recente testo sull’opera di Peter Märki sottolinea l’importanza che ricopre nel lavoro dell’architetto svizzero il disegno, inteso come processo di anamnesi [10]

 

To remember Märkli makes many sketches. But his sketches are not direct recordings of what he has seen; rather, they combine fact and fiction, dream and reality. As a collection they construct a fictional topography of both recognizable and strange buildings, artefacts and landscapes – a particular house on top of a hill, or a disused industrial building on the outskirts of a town, or for that matter a building in a country he has never visited. Among these sketches, one can often detect structures that bear a resemblance to Märkli buildings, but the correlation is never direct. The sketches remain a repository of speculations, ideas, inspirations – they make us wonder [11]

 

Mostafavi conclude la sua riflessione riportando un pensiero di Theodor Adorno relativo al lavoro artistico

 

Works of art do not, in psychological sense, repress contents of consciousness. Rather trough expression they help raise into consciousness diffused and forgotten experiences without rationalizing them [12]

 

La possibilità quindi di dare voce ed espressione ai contenuti nascosti, repressi o dimenticati della psiche attraverso la creazione artistica, in modo talvolta casuale, assume una posizione dominante anche nel pensiero degli architetti Valentin Bearth e Andrea Deplazes. Scrive di loro Ảkos Moravảnsky

 

Valentin Bearth e Andrea Deplazes si distanziano da qualsiasi tipo di riflessione consapevole, descrivendo il ruolo dei frammenti di ricordo, delle loro “radici” ed esperienze personali che a volte affiorano “in modo del tutto inaspettato” come “frammenti netti o come brandelli nebulosi, ma in ogni caso come oggetti ritrovati”. “immediati nel contesto delle circostanze date da un determinato compito essi diventano dominanti”[13]

 

Il palinsesto è quindi, nel suo darsi verso il mondo, il crogiolo all’interno del quale si ritrovano immagini, frammenti e radici di esperienze molteplici. Il carattere prevalentemente personale di questi elementi li rende al contempo condivisi e collettivi.

 

 


[1]Barbara Stec, Conversazioni con Peter Zumthor. “casabella”, 719 (2004), pp. 6-7

[2]Tibor Joanelly / Valerio Olgiati, Studio conversation, in Valerio Olgiati Das gelbe Haus, ed. ed. Kunsthaus Bregenz-Hatje Cantz Verlag, Vienna 2000, p. 39

[3] Tibor Joanelly / Valerio Olgiati, op. cit., pp. 39-40

[4]Tibor Joanelly / Valerio Olgiati, ibidem, p. 42

[5]Carl G. Jung, Gli archetipi dell’inconscio collettivo (1934/1954), in Gli archetipi dell’inconscio collettivo, ed. Bollati Boringhieri, Torino 1977, p. 15

[6]“ dal tedesco urtϋmliches Bild, Urbild, ove l’aggetivo urtϋmlich significa originario, primordiale, il sostantivo Bild, immagine; il sostantivo Urbild, equivalente semantico dell’espressione formata da aggettivo e sostantivo, nasce dalla composizione di Bild col prefisso ur, che designa tutto ciò che è arcaico o antico “ (estratto dalla prefazione di Antonio Vitolo, al testo: Gli archetipi dell’inconscio collettivo, ed. Bollati Boringhieri, Torino 1977, pp. 8 – 9 )

[7]Carl G. Jung, op. cit., p. 16

[8]Carl G. Jung, op. cit., p. 17

[9]Barbara Stec, op. cit., p. 8

[10]In rapporto alla gnoseologia di Platone il processo mediante il quale l’anima ritrova in sé le idee; Infatti, secondo la teoria della reminiscenza : “(…) il discepolo –opportunamente guidato dal metodo maieutico– trova in sé una verità razionale, l’atto da lui compiuto non costituisce un autentico acquisto, bensi’ una semplice reminiscenza. Egli ricorda ciò che aveva già appreso e che solo provvisoriamente ha dimenticato: ricostruisce una precedente conoscenza, non apprende nulla di interamente nuovo. Ma se è così, quando apprese tali conoscenze? Per rispondere a questa domanda, Platone è costretto a postulare la preesistenza dell’anima: prima dell’attuale vita, in cui l’uomo trovasi incatenato nella caverna del sensibile, egli ne ebbe un'altra, durante la quale le idee erano immediatamente presenti alla sua vista (non sensibile, ma intellettiva). L’esistenza nell’uomo di verità razionali diventa così, nelle pagine di Platone, un affascinante argomento per dimostrare la permanenza dell’anima attraverso varie vite (…) e tale permanenza diventa a sua volta la prova fondamentale dell’immortalità dell’anima.

da Ludovico Geymonat, Storia del pensiero filosofico e scientifico, Vol. 1, ed. Garzanti, Milano 1970, pp. 199 – 200

[11]Mohsen Mostafavi, Approximations The Architecture of Peter Märkli, the MIT press, Cambridge (Massachusetts) 2002, p. 11

[12]Teodor Adorno, Aesthetics theory, London, 1984, p. 82, in Mohsen Mostafavi, op. cit., p. 11

[13]Akos Moravánszky, corpi cavi. A proposito dei lavori di Bearth & Deplazes, in (a cura di) Heinz Wirz, Corpi cavi: Valentin Bearth e Andrea Deplazes, ed. Quart, Lucerna 2000, p. 1

 

L’ANIMA DEL MONDO

 A ben vedere allora sembra per noi determinante considerare l’edificio come sintesi, non soltanto di dati scientifici e razionali, ma anche e soprattutto -nella prospettiva di una rapporto simpatico tra gli elementi naturali appartenenti alla sfera fisica dell’esistenza– come scrigno, contenitore e corpo simbolico dotato cioè di un doppio significato, l’uno determinato e conosciuto e l’altro, ambiguo ed ambivalente. Il Simbolo esprime questa compresenza di elementi antitetici, rappresenta l’archetipo, e al contempo svela il contenuto dell’inconscio. Gli archetipi della Natura sono allora ricercati attraverso l’indagine iconologica condotta intorno ai diversi momenti del palinsesto architettonico.

 In quest’ottica la scelta dei cinque casi studio e dell’itinerario che li unisce non è casuale, ma scaturisce dalla convinzione che in Svizzera (ed in particolare, nel lavoro degli architetti autori degli esempi proposti) vi sia una sensibilità particolare, che origina dalla lucida convinzione che l’edificio sia dotato di una metafisica implicita [14] -propria di ogni opera d’arte- ovvero il suo essere solidale con un principio ed un idea assoluta. Ne consegue che l’idea assoluta alla quale si riguarda nel presente studio è proprio la Natura, ma considerata come unità senza cesure[15] con l’uomo, o meglio come sostanza di

 

 un mondo in cui le cose sono comprensibili solo se poste in relazione tra di loro [16]

 

L’architettura ed il manufatto che la introduce nel mondo delle cose, in quanto parte di un tutto collegato traduce ed interpreta questa unità. Natura quindi, è si il corpo vivente delle cose, ma anche un idea che si traduce e diffonde attraverso il risultato della speculazione artistica e progettuale, il manufatto o l’opera plastica. Cose che abitano lo spazio che nascondono al loro interno una radice ineffabile ed ambivalente. Nel rapporto con il tutto che le circonda queste, si appropriano di proprietà viventi e cangianti legate ad esempio al susseguirsi delle stagioni o all’incidenza dei raggi del sole. Si può ritenere allora che architettura, universo vegetale e minerale, aria, acqua e luce, siano frammenti dello stesso nucleo originario

 

la natura è così parca, pur con tutta la sua arte, che dall’inizio alla fine dell’universo non avrà adoperato, in tutto, che un solo materiale ma un materiale con le due sue finalità per approntare tutta la sua fantomatica varietà. Combinatelo come essa vorrà, stella, sabbia, acqua, albero, uomo: si tratta sempre di un solo materiale, che rivela sempre le stesse proprietà [17]

 

In ogni centro vitale risiede quindi la stessa forma di intelligenza, la stessa anima; la dimensione psichica dalla quale si ritiene possa derivare parte del lavoro sul manufatto, non fa che accentuare i portati inconsci direttamente connessi alla Natura ed ai suoi elementi.

Ricercare lo spirito della natura, interpretarne i segni, in poche parole svelarla a se stessi corrisponde a riconoscere l’anima del mondo; la casa, l’edificio, la costruzione -è questo il costrutto sul quale si svolge il presente studio-, sono espressione di questa anima in quanto luogo fisico all’interno del quale si confrontano contemporaneamente la dimensione naturale cosciente (il contesto, il luogo, il passare delle stagioni, gli agenti atmosferici, ecc.) ed ideale e nascosta condivisa a molteplici e diversi livelli di esperienza.
La sintesi di queste riflessioni si ritiene possa trovare una codificazione simbolica nel concetto di anima mundi nella accezione che James Hillman ha più volte indagato all’interno di saggi e studi approfonditi. Si sottolinea inoltre il rapporto diretto di coincidenza di significato tra questa definizione e l’incoscio collettivo di derivazione Junghiana. L’anima dunque risiede nel corpo di ogni cosa,  non trascende dal mondo materiale più di quanto non si discosti da questo, pensiamo ad essa come a

 

quella particolare scintilla di anima, quell’immagine seminale, che si offre attraverso ogni singola cosa nella sua forma visibile .L’anima mundi indica allora quelle possibilità animate che ciascun evento così com’è presenta, il suo presentarsi sensibile come un volto che rivela la sua immagine interiore in breve la sua disponibilità all’immaginazione, la sua presenza come realtà psichica [18]

 

Il progetto di architettura inteso contemporaneamente, come forma che insiste su di un luogo e che di questo ne interpreta i segni, e come processo compositivo all’interno del quale trovano soluzione quesiti specificatamente funzionali e distributivi, può essere considerato, allora come uno specchio attraverso il quale far riflettere quella scintilla d’anima che scaturisce dall’ambiente naturale che lo circonda.

Il poeta, o se si preferisce, l’architetto diviene quindi il soggetto che trasferisce all’interno del manufatto i segni, le
reminescenze di cui l’ambiente circostante è pervaso. Un demiurgo in grado di dare sostanza alle Idee in quanto archetipi e di rappresentarle attraverso il simbolo celato all’interno del manufatto

 

 

[14] Mircea Eliade, L’isola di Euthanasius, in Mircea Eliade L’isola di Euthanasius, ed.Bollati Boringhieri, Torino 2000, p. 22

[15] Alan W.Watts, uomo, donna e natura, ed. Bompiani, Milano 1997, p. 22

[16] Alan W.Watts, op. cit., p. 16

[17] Ralph W.Emerson, Natura e altri saggi, ed. Rizzoli, Milano 1990, p. 47

[18] James Hillman, L’anima del mondo, in L’anima del mondo e il pensiero del cuore, ed. Garzanti, Milano 1993, p. 103

 

LA VIA DELL’ACQUA

 

Un teologo protestante fece più volte lo stesso sogno: si trovava sul versante di una montagna, sotto la quale giaceva una valle profonda che conteneva un lago oscuro. Egli sapeva, in sogno, che qualche cosa lo aveva fino allora sempre trattenuto dall’avvicinarsi al lago, ma quella volta decise di raggiungerlo. Mentre si avvicinava alla riva, l’atmosfera si fece buia e tetra e un colpo di vento guizzò all’improvviso sullo specchio dell’acqua. Allora preso dal panico egli si sveglio.[19]

L’azione da compiere nell’ambito di un processo di analisi e ricerca di quegli elementi e portati persistenti e nascosti dell’edificio può corrispondere in qualche modo ad un viaggio verso il profondo

bisogna seguire la via dell’acqua, che va sempre all’ingiù, se si vuole riportare alla luce il tesoro.[20]

 Un analisi attenta e cosciente -attraverso un sistema di indagine in grado di riportare alla luce sia gli elementi iconologici che quelli casuali e sfuggenti– equivale ad una pesca all’interno del lago dell’anima più intima e nascosta del manufatto stesso.

            Occuparci dell’inconscio è per noi una questione vitale. Si tratta di essere spiritualmente o di non essere. Tutti coloro che hanno vissuto un esperienza quale quella del sogno summenzionato sanno che il tesoro riposa nel fondo dell’acqua e cercheranno di trarlo a riva. E poiché mai devono dimenticare chi sono, non devono mai perdere la coscienza, per nessun motivo. Cosi’ terranno fermamente ancorato alla terra il loro punto di vista e diventeranno (per restare nella metafora) pescatori che con l’amo e con la rete prendono ciò che nuota nell’acqua. [21]

In questo senso si e scelto di definire questa sezione della tesi che ha per argomento il metodo di indagine seguito per l’analisi dei singoli edifici attraverso un allegoria simbolica dal forte rimando psicoanalitico.

 

 

LE SCHEDE DI RICERCA

L’analisi dei casi studio scaturisce dalla lettura comparata degli esempi proposti, questi vengono analizzati ad uno ad uno attraverso un percorso di conoscenza dell’edificio che si è scelto di articolare e sostanziare per mezzo di due differenti ambiti di indagine: lindice degli elementi primari, propone una sintesi del manufatto di tipo iconologico e scientifico realizzata per mezzo di una griglia ideale articolata in cinque punti attraverso cui scomporre l’intero organismo nelle sue parti costitutive più rilevanti: si può ritenere che in questa fase dello studio gli elementi determinati e consci siano decisivi e prevalenti

Il momento della scoperta e i contenuti simbolici della costruzione rappresentano al contrario, il momento dell’indagine attraverso il quale si lasciano affiorare i tratti ed i caratteri più evocativi e apparentemente inespressi dei cinque esempi: i fattori di incertezza e casualità sono allora, come nella sfera inconscia, molteplici ed estremamente rilevanti.

Le schede di ricerca suggeriscono allora una lettura complessiva dell’organismo architettonico, mediante la presentazione di disegni, fotografie, documenti di progetto (piante, sezioni, dettagli e schizzi) unitamente a tutte quelle indicazioni che i progettisti hanno fornito, nel corso di intervista o di studi e testi a commento dell’opera, sullo specifico del lavoro in esame -con particolare riguardo alle tematiche oggetto del presente studio.
Questa sistematizzazione, si ritiene sia in grado di poter raccogliere il numero maggiore di informazioni possibile in relazione alla dimensione psichica del manufatto ed al suo fondamentale rapporto con l’elemento naturale inteso, non unicamente come corollario e sfondo dell’agire complessivo dei viventi, ma bensì come spirito e anima che governa e regola tutta la sfera sensibile e percettiva del mondo.

Le considerazioni ed i risultati della ricerca possono cosi’ fornire un utile sostegno per definire e portare alla luce  gli archetipi ed i simboli della Natura che si percepiscono –ad una prima e superficiale indagine– come elementi caratterizzanti e cruciali nella architettura svizzera contemporanea. A tal proposito particolare importanza riveste, nell’ordine di successione attraverso il quale sono presentati i casi studio, l’itinerario di viaggio che si è scelto di riconoscere ed articolare attraverso il Cantone Grigione ed il Canton Ticino

Oltre infatti a identificarsi come determinante in rapporto al ruolo che il contesto ricopre nell’architettura generale del manufatto, questo non può non risentire della accumulazione sensoriale che si determina nel succedersi progressivo delle differenti tappe. Ad un architettura ne succede un altra e a quest’ultima un altra ancora, questo produce senz’altro a livello fenomenologico un arricchimento ed una mutazione dei parametri di giudizio e di lettura complessiva di ogni differente organismo, con l’evidente risultato di realizzare negli occhi attenti di un osservatore interessato un immagine unica composta dalle accumulazioni e dagli innesti introdotti dai diversi edifici.

Ecco allora che il Viaggio come percorso di conoscenza e crescita si caratterizza in questo caso come il filo attraverso il quale poter raccogliere gli elementi scollegati o andati persi nella iniziale scelta a tavolino degli esempi da trattare: in questo senso anche l’uso del taccuino e dei disegni in esso contenuti costituiscono la testimonianza all’interno della quale vengono ricomposte e compartimentate le impressioni che questi luoghi, e queste architetture ad essi cosi’ legate, lasciano scaturire in chi vi si avvicina.

Sintetizzando, le schede di ricerca costituiscono un mezzo ed un riferimento per affrontare il percorso che porta alla via dell’acqua: attraverso questo sintetico bagaglio di strumenti ed elementi di riferimento possiamo addentrarci in quel territorio oscuro e misterioso in cui è celato il profondo ed il sommerso, con la speranza di poter risalire la valle e poter riportare in superficie i contenuti inespressi e condivisi che appartengono all’uomo, ai suoi prodotti, all’universo che lo circonda ed in cui abita.


IL MOMENTO DELLA SCOPERTA

In base al presupposto teorico dal quale muove il presente studio il rapporto tra rappresentazione e percezione è cruciale nella lettura complessiva dell’edificio. Le prime fotografie scattate nel corso dei sopralluoghi hanno messo in evidenza alcuni particolari e caratteristiche degli esempi analizzati, di grande  importanza per il successivo svolgersi della ricerca. La possibilità di fissare questi elementi generalmente ritenuti superflui o destinati ad assumere un carattere marginale, permette di “fissare” l’attimo attraverso cui nella mente dell’osservatore si costruisce una prima proiezione ideale del carattere complessivo dell’architettura.

La rilettura del materiale fotografico raccolto durante il viaggio studio -in particolar modo i primi scatti realizzati– avviene attraverso il disegno e lo schizzo considerato come strumento di sintesi dal profondo carattere simbolico: in esso infatti confluiscono molteplici aspetti collegati in modo indissolubile sia alla sfera intellettuale che a quella fisica.

Svelare e riconoscere il contenuto inconscio del manufatto -come si è precedentemente sottolineato- equivale a selezionare e riportare alla luce quei fatti ed avvenimenti architettonici sconnessi, disgiunti e trascurati per mezzo di un agire talvolta casuale e libero da costrizioni; questo si ritiene sia caratteristica predominante dello schizzo o dell’appunto iniziale tracciato su un taccuino di viaggio, i cui segmenti e parti ricostruiscono e delineano questo universo di dettagli ed elementi sedimentati e celati dalla costruzione. Il disegno viene quindi considerato come strumento imprescindibile per approntare un iniziale percorso di conoscenza sull’edificio.

Questi aspetti saranno un utile sostegno alle informazioni che si raccoglieranno nel corso delle successive tappe dell’indagine, e saranno considerati come determinanti nella definitiva messa in luce degli elementi simbolici della costruzione in relazione all’elemento naturale.

 

INDICE DEGLI ELEMENTI PRIMARI

Il manufatto architettonico nel suo ultimo darsi verso il mondo costituisce una testimonianza fisica che accoglie e custodisce in se l’intero spettro delle riflessioni, delle fascinazioni, delle volontà latenti che ne hanno animato il percorso compositivo, dall’idea iniziale sino alla definitiva consustanziazione all’interno di una forma definita ed intelligibile. Quest’ultima si può considerare come il risultato organico di un sistema di differenti e molteplici innesti che via via si sono compattati tra loro lungo il percorso di crescita dell’opera, determinandone il soggetto e la simbologia in esso celata.

La ricerca iconologica che muove a partire dalla conoscenza diretta ed il più possibile completa dell’ oggetto, per essere puntuale e chiarificatrice deve dotarsi di un sistema di indagine dell’opera e del suo organismo. A tal fine si è scelto di definire un indice degli elementi primari -quindi fondanti- in grado di riassumere e codificare al loro interno le molteplici parti del tutto e di analizzarne di volta in volta le singole peculiarità.
I 5 casi studio presi in esame da questa ricerca -la Gelbe Haus di Valerio Olgiati, la Casa Williman di Bearth & Deplazes, la Stiva da Mort di Gion A. Caminada, La Congiunta di Peter Märkli, la Cappella a Sogn.Benedetg di Peter Zumthor- vengono quindi separati in altrettanti momenti architettonici con l’intento di svelarne progressivamente e di metterne in luce i molteplici rimandi e legami con il mondo naturale che li circonda.

Nella definizione dei diversi elementi non si è potuto non tenere conto delle caratteristiche ambientali –le catene montuose- che influenzano con la loro presenza il carattere più intimo degli edifici: per questo motivo categorie che normalmente definiscono i manufatti e le loro diverse parti, quali ad esempio il basamento od il tetto assumono, se inseriti in questo particolare contesto, un differente significato, che non permette di approfondire sufficientemente la complessità della morfologia dell’organismo architettonico. L’indice redatto sarà il setaccio attraverso cui si analizzeranno uno per uno gli esempi proposti oggetto dello studio; esso si compone dei seguenti elementi primari. (continua)

 


[19] Carl G. Jung, Gli archetipi dell’inconscio collettivo (1934/1954), in Gli archetipi dell’inconscio collettivo, ed. Bollati Boringhieri, Torino 1977, pp. 33-34

[20] Carl G. Jung, op. cit., pp. 35

[21] Carl G. Jung, ibidem, pp. 43-44

 
 
 
 
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Strana vicenda quella legata alla tesi di dottorato. Strana innanzitutto perché irripetibile e sofferta. Strana perché episodica e fulminea. Strana perché essenzialmente intima, sviscerata in modo personale: una nave lasciata navigare in acque perigliose ed incerte priva di timone e rotta. L'orizzonte si libera alla vista del faro di Mendrisio, dove cerco e trovo l'abile e sicuro sostegno di Jacques Gubler: senza di lui questo lavoro non sarebbe mai stato. Questo piccolo *libro* trova in Italia financo un editore coraggioso ed interessato.
Ma nonostante la disponibilità, richieste di sovvenzioni e di soldi tonanti, nelle Accademie fanno scopa con sincero e sofferto diniego. Pacca sulla spalla.
Ma tant’è. Questo si sa, è cosa nota nonchè destino dei più. Almeno dalle nostre parti.
I tempi sono dunque maturi per condividere e raggiungere - forse -uno spettro più ampio di lettori e/o promotori

 

INCONSCIO E ARCHETIPI DELLA NATURA

INTRODUZIONE added January 26, 2009

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L'ANIMA DEL MONDO

LA VIA DELL' ACQUA added January 26, 2009